Storia di una rivista: Due Sicilie
La rivista “Due Sicilie” nacque nel gennaio del 1996. Prima di essa esisteva da circa tre anni un foglio di quattro pagine dal titolo “Le voci di dentro”, titolo che è poi rimasto come rubrica delle lettere al direttore. Quel foglio, “Le voci di dentro”, era nato da una mia idea di voler unire attraverso di esso tutti gli altri “napolitani” (abruzzesi, molisani, campani, calabresi, pugliesi e lucani) residenti nel Veneto o dovunque si trovassero, un po’ per farci sentire ancora in “Patria” ma anche per poter esprimere liberamente il nostro solare modo di vivere, che, vivendo in un ambiente diverso, veniva compresso e cloroformizzato. Questo giornaletto, però, pur essendo di poche pretese, fu tanto ben accolto che il numero dei lettori aumentò in breve tempo in modo considerevole tanto che si crearono solide amicizie che durano tuttora. Dalle prime rubriche dal contenuto un po’ goliardico ben presto si passò poi ad argomenti più seri, particolarmente quelli che riguardavano la storia napolitana, principalmente gli episodi “risorgimentali”.
Infatti, a seguito delle necessarie ricerche e studi per la redazione degli articoli storici, scoprii che il nostro Popolo, in tutta la sua lunghissima storia, non aveva mai fatto guerre di aggressione contro altri popoli, ma che invece aveva sempre dovuto difendersi da moltissime aggressioni da parte di altra gente, per lo più provenienti dal Nord, che, quando non adopera le armi, usa ogni genere di menzogne, stupidi luoghi comuni e offese gratuite contro di noi. Scoprii perfino che lo Stato italiano è contro il Popolo napolitano per il fatto che – ufficialmente – ancora nasconde ben documentate verità storiche, addirittura inventandosi un’altra storia col preciso scopo di denigrarci.
Fu così che decisi di dare una svolta al nostro “giornaletto”, che in breve divenne una rivista di informazione storica sul Regno delle Due Sicilie con il preciso scopo di rintuzzare punto per punto tutte le menzogne che lo Stato costruisce contro di noi. Soprattutto per far scoprire la nostra storia a tutti noi napolitani, perché la nostra lunghissima storia, più che millenaria, è la storia di un popolo che non aveva mai perso, pur attraverso innumerevoli glorie e devastanti tragedie, la propria identità nazionale prima dell’occupazione piemontese. Questa perdita è stata il più grave danno da noi subìto a causa della forzata unificazione con gli altri popoli della penisola, mai avvenuta prima di allora con altre invasioni, nemmeno sotto la lunghissima dominazione romana.
L’invasione piemontese del 1860 è stata, quindi, ben più di una semplice sconfitta militare: essa ha tanto inciso sulla vita sociale ed economica di noi napolitani che ancora oggi viviamo nell’atmosfera creata da quell’evento dal quale sono nati tutti i mali presenti. Gli effetti di una sconfitta militare, per quanto tragici, col tempo svaniscono se il territorio e la popolazione non sono annessi e colonizzati dal vincitore. Per la Napolitania, invece, a causa della particolare posizione geografica, circondata dal mare e senza soluzione di continuità territoriale con il resto della penisola, l’annessione, mistificata come “unità nazionale”, ha prodotto effetti così devastanti che la coscienza del popolo stesso è stata trasformata.
Prima dell’invasione piemontese, della cosiddetta “unità d’Italia” non se n’era mai sentita l’esigenza tra le restanti popolazioni della penisola italica. Mi sono reso conto personalmente che trovare documenti o pubblicazioni che parlino di “spirito nazionale” prima dei “fatti risorgimentali” è estremamente difficile. L’idea unitarista, infatti, non ha mai avuto alcun sostegno popolare: furono pochi massoni “borghesi”, legati soltanto ad interessi materiali, a diffondere i cosiddetti “ideali risorgimentali”. Da più di tremila anni non era mai preesistita una nazione “italiana” e, all’atto dell’unificazione, il 99% della popolazione della penisola non parlava italiano. Massimo D’Azeglio che, infatti, si era reso conto della profonda diversità dei popoli che erano stati forzosamente uniti, sentì il bisogno di evidenziare pubblicamente che “fatta l’Italia, bisognava fare gli italiani“.
Gli occupanti piemontesi poi dettero particolare attenzione all’informazione a mezzo stampa. Qualsiasi notizia fu da loro deformata al fine di presentare la resistenza napolitana come espressione di criminalità comune e per nascondere le atrocità commesse dagli invasori. Queste menzogne sono diventate le “verità” di oggi con le quali si vuole commemorare i 150 anni delle cosiddetta “unità”.
Antonio Pagano